Ah, l’Europa! Concetto ideale ed utopico, o realtà deludente? Probabilmente entrambe le cose: come ogni organizzazione, che sia burocratica, politica, attivistica, é fatta da uomini e fallace quanto essi. Continuo a credere nell’Europa, mi é capitato spesso di sentirmi più Europea che Italiana – sicuramente quando vivevo dall’altra parte dell’oceano mi riconoscevo nei valori e nella cultura del “vecchio continente”. Anche vivere a Bruxelles ti fa sentire l’Europa più vicina, anche se più per il multiculturalismo reale, che per le istituzioni presenti nella capitale. L’Europa troppo spesso latita, altre volte legifera in modo più favorevole alla burocrazia stessa, o addirittura al business e basta, che al bene comune. L’Europa é lontana, impercettibile dal cittadino comune, organismo indefinibile e distante dal quotidiano. Viene tirata in ballo quando fa comodo ad ognuno, si immischia quando le conviene. E’ chiaro che il problema dell’immigrazione dai paesi nordafricani, in piena primavera rivoluzionaria, non é solo Italiano, ma non lo sono stati nemmeno altri flussi migratori post-comunisti, o quello continuo dal Marocco alla Spagna, dei quali si sono sempre e solo fatti carico, e continuano a farsi carico, i singoli paesi. E’ sempre stato così, é inutile che ci scandalizziamo perché ci lasciano soli. Dovremmo scandalizzarci per la mancanza di una politica comune: sono decenni che avremmo dovuto scandalizzarci! Lo scandalo non sono 25.000 immigrati in un paese di 60 milioni di abitanti: lo scandalo è l’assenza dell’Europa nelle politiche strategiche a lungo termine, in ogni campo, che passano da un comune atteggiamento solidale ed attento nei momenti di crisi umanitaria, ma anche e soprattutto da un ragionato e lungimirante impegno comune per lo sviluppo dei paesi a noi vicini, con i quali dobbiamo e vogliamo continuare a creare legami che possano potenzialmente prevenire le crisi stesse. Creare rapporti affaristici che permettano la crescita dei paesi nei quali investiamo, sarebbe diverso dal fare affari col rais di turno, mentre le popolazioni locali restano povere ed ignoranti. Far soldi di per sé non é per nulla sbagliato, anzi: l’economia DEVE funzionare e creare ricchezza, ma quando la si gestisce nel modo bieco e cieco con la quale nella maggior parte dei casi i paesi europei si sono portati oltre- Mediterraneo, è come la monocultura nei campi: rende molto e senza grandi strategie né sbattimenti per un po’, finché il terreno é così arido, da non produrre più nulla – per nessuno. E se il proprietario terriero si può comprare un campo altrove, il contadino deve prendere su i suoi quattro stracci ed andare da qualche altra parte: ma trova mille altri contadini già intenti a fare il proprio lavoro e che non hanno nessuna intenzione di condividere, né tantomeno mollare l’osso.
Io credo che un domani più ricco e produttivo per tutti sia possibile, ma l’impegno deve essere monumentale e capillare al contempo. L’Europa oggi ci sta facendo l’ennesima brutta figura, proprio come ognuno dei paesi che la compongono – compreso il nostro. Penso anche che le nuove generazioni siano molto più sensibili al filo invisibile che unisce i destini di ognuno di noi, di persone, paesi e continenti, e spero che il grigiume confuso ed auto referente della vecchia classe dirigiente abbia i giorni contati – il tutto sta nel fare breccia per superare la muraglia di protezione che il vecchio potere si è caparbiamente costruito intorno, e di farlo in tempo perché la rivoluzione non sia tanto violenta quanto, in fin dei conti, inutile. Insomma, fatta l’€pa, ora facciamo gli Europei!
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